Grasso: «Trattativa Stato-mafia la vita di molti ministri salvata così»

ImageROMA (19 ottobre) - «La trattativa tra Stato e mafia ha salvato la vita a molti ministri» ha detto il procuratore nazionale antimafia, Piero Grasso, lo ha detto ieri prima in un'intervista a "La Stampa" commentando la vicenda del "papello" e poi in una al Tg3. «Per la verità - dice Grasso - le indagini precedenti avevano in qualche modo accertato l'esistenza di un tentativo di Cosa nostra di entrare in contatto col potere politico. E' processuale il contatto degli ufficiali del Ros, Mori e De Donno, con Vito Ciancimino. Ed è processualmente accertato che alla mafia, in cambio della resa dei vertici, fu offerto "un ottimo trattamento per i familiari", un "ottimo trattamento carcerario" e una sorta di "giusta valutazione delle responsabilità"».

Secondo Grasso tutto questo «lascia intuire il meccanismo che Riina ripete ogni volta, che vuole in qualche modo dare vitalità a una trattativa che risulta difficoltosa. Le proposte del Ros, infatti, sembrano minime a Ciancimino che, a sua volta, si rifiuta di trasmetterle a Riina, anche per timore di ritorsione nei suoi confronti, e perciò suggerisce di 'congelarè tutto e prendere tempo. Le indagini ci diranno poi che Riina, invece, opta per accelerare i tempi e vara la fase operativa per compiere un attentato nei miei confronti. Progetto che sfuma per un disguido tecnico e anche perché in quel momento viene catturato».

Grasso: forse via D'Amelio serviva a riscaldare la trattativa. «Anche via D'Amelio - aveva detto Grasso nell'intervista - potrebbe essere stata fatta per "riscaldare" la trattativa. In principio pensavano di attaccare il potere politico e avevano in cantiere gli assassinii di Calogero Mannino, di Martelli, Andreotti, Vizzini e forse mi sfugge qualche altro nome. Cambiano obiettivo probabilmente perché capiscono che non possono colpire chi dovrebbe esaudire le loro richieste. In questo senso si può dire che la trattativa abbia salvato la vita a molti politici». Grasso cita le carte processuali e anche di un "papellino" comparso poco tempo prima del "papello": «Potrebbe essere stato consegnato ai carabinieri del Ros, al colonnello Mori che nega l'episodio, da uno strano collaboratore dei servizi che chiedeva l'abolizione dell'ergastolo per i capimafia Luciano Liggio, Giovanbattista Pullarà, Pippo Calò, Giuseppe Giacomo Gambino e Bernardo Brusca. Anche quelle richieste ovviamente finirono nel nulla perchéirrealizzabili».

 

Di Pietro: è gravissimo, Grasso riferisca alla Commissione antimafia. «Se c'è stata una trattativa tra Stato e mafia si aprano i cassetti e si tirino fuori i nomi - dice Antonio Di Pietro - Chiediamo alla Commissione antimafia un'immediata audizione del procuratore Grasso, affinché chiarisca le preoccupanti affermazioni riportate oggi nell'intervista. E' gravissimo che nel nostro Paese ci sia stata una struttura parallela all'interno delle istituzioni che abbia gestito gli affari con le cosche mafiose. Le zone d'ombra, le trattative sottobanco non appartengono ad uno Stato di diritto». Secondo il leader dell' Idv, «lo scenario che si sta aprendo su questa vicenda delle stragi è inquietante, soprattutto adesso che ad ammettere l'esistenza di una trattativa tra mafia e Stato è il procuratore antimafia. Grasso, tra l'altro, ha affermato che questa sarebbe stata portata avanti nell'interesse dell' incolumità personale di alcuni politici di alto rango di allora, a cominciare da Andreotti, lo stesso che una sentenza definitiva ha, nel frattempo, accertato di avere avuto rapporti con la mafia, anche se impossibili da valutare penalmente perché prescritti. Non possiamo credere che a tenere le fila della trattativa tra mafia e Stato fossero soltanto gli ufficiali dei Ros». Di Pietro chiede di «conoscere i nomi dei politici che hanno gestito i contatti con Cosa nostra, gli uomini chiave che prendevano le decisioni» e di «sapere anche qual è il prezzo che lo Stato ha dovuto pagare. Tra l'altro vorremmo capire se i magistrati più esposti erano stati avvisati e tutelati e, nel caso, se l'insufficiente tutela sia stata una conseguenza del diniego e dissenso dei magistrati alla trattativa».

 

Violante: quel "papello" è una bufala. «Quel documento pubblicato è una bufala: dico quello pubblicato, perché altri magari no» ha detto Luciano Violante, ex presidente della Camera, rispondendo ai giornalisti sulla questione del "papello" alla base di una presunta trattativa tra Stato e Cosa nostra. Secondo Violante si tratta di una bufala perché nel documento «si fa riferimento a cose come il 41 bis o la dissociazione, che è un tema che verrà fuori molto tempo dopo» e occorre, quindi, «capire perché è uscito quel documento che è fasullo e che cosa voleva dire. Ho l'impressione che il documento che la magistratura ha in mano sia diverso da quello pubblicato. Sta ai magistrati capire cosa è successo: sta a noi spingere senza interpretazioni di parte, perché la verità venga fuori».

 

Vizzini: io vittima, Grasso lo precisi. «Sono certo - dice il senatore Carlo Vizzini (Pdl) - che il procuratore Piero Grasso, che è stato a lungo procuratore capo a Palermo, intenda riferirsi alla mia persona esclusivamente come minacciato di morte, e non come possibile trattativista, e lo invito su questo punto a precisare il suo pensiero. Allora come oggi sono oggetto di gravi minacce, ma sono sempre andato diritto per la mia strada come dimostrato dalle mie proposte concrete. Lo Stato deve sempre garantire i suoi cittadini e non i suoi politici. Proverei profondo disprezzo per chiunque avesse trattato con la mafia. Personalmente avrei preferito 100 volte essere ucciso piuttosto che ci fosse stata una trattativa con i mafiosi che, come ho sempre sostenuto, devono morire poveri e in galera con il carcere duro. Se davvero, come oggi sembra, c'è stata una trattativa tra Stato e mafia, è stato compiuto un misfatto gravissimo che rappresenta ancora oggi una notte buia nella storia della nostra Repubblica. Chiunque vi abbia partecipato deve pagare senza riguardo alcuno. Oggi, grazie alla mia iniziativa, invece di trattare, i mafiosi moriranno in carcere poveri con il nuovo 41 bis da me proposto e approvato in Parlamento».

 

D'Alia (Udc): Grasso riferisca alla Commissione antimafia. «Le dichiarazioni del procuratore antimafia Grasso sulla trattativa e le stragi, sono troppo gravi ed importanti per essere mero oggetto di dichiarazioni stampa domenicali - dice Gianpiero D'Alia, Udc, componente della Commissione antimafia - Ormai i fatti e le dichiarazioni rese dai protagonisti di questa brutta pagina di storia italiana sono oggetto di dispute giornalistiche che non fanno bene alla verità. E' indispensabile che la Commissione antimafia acceleri i tempi d'esame della vicenda stragi definendo un calendario di audizioni dei tanti che sanno e che solo oggi cominciano a ricordare».

 

Licandro (Pdci): i politici che sapevano parlino. «Si fa sempre più forte la sensazione che si voglia tenere fuori la politica da tutta questa vicenda - dice Orazio Licandro, della segreteria nazionale del Pdci - Se c'è stata una trattativa tra mafia e Stato è ora che chi sa parli. Non si può continuare ad essere omertosi. Che siano stati solo i carabinieri del Ros a condurre le trattative è una mezza verità. E' ora di conoscere chi nel mondo politico sapeva e ha partecipato a questa sconceria e cosa abbia comportato per lo Stato questa trattativa. L'ora del silenzio è scaduta».

 

Associazione Via Georgofili: drammatiche conseguenze. «E' stata drammatica la conseguenza per noi, quando la mafia ha deciso che non poteva uccidere coloro che dovevano dare risposte alle sue richieste, come Calogero Mannino, Martelli, Andreotti e quant'altri. Doveva cambiare strategia, Cosa nostra, e si è orientata sulle stragi terroristiche eversive, che hanno visto coinvolti i nostri parenti»: lo afferma Giovanna Maggiani Chelli, dell'Associazione tra i familiari delle vittime della strage di via dei Georgofili. «L'analisi del procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso è chiara e senza giri di parole e non possiamo non comprendere l'uomo delle istituzioni - osserva Maggiani Chelli - tuttavia noi abbiamo perso i figli il 27 maggio 1993 in via dei Georgofili, e il nostro ragionamento è diverso: in questo Paese, mentre alcuni settori dello Stato trattavano con uomini pericolosissimi come Salvatore Riina, poco si è pensato alle conseguenze di quella trattativa e questo non è perdonabile a nessuno, soprattutto a coloro che sapevano, prima delle stragi del 1993, della trattativa in corso, e solo ora parlano perché la coperta è troppo corta».

 

www.ilmattino.it