Manovra: oggi voto di fiducia alla Camera PDF Stampa E-mail
ImageRoma. Voto di fiducia, oggi alla Camera, per il maxiemendamento alla manovra, in un'atmosfera resa incandescente non solo dalle polemiche dell'opposizione, ma soprattutto dall'agitazione dei sindacati, sul piede di guerra per il nodo delle risorse da destinare ai contratti del pubblico impiego. Superata la fiducia, poi, a metà settimana la palla passerà al Senato per il rush finale, che nelle intenzioni della maggioranza dovrebbe concludersi prima dell'arrivo della pausa estiva.

Un testo, quello che oggi otterrà la fiducia dell'Aula di Montecitorio, che nelle sue linee generali ricalca quello uscito dalle Commissioni. Poche le modifiche importanti arrivate con gli emendamenti, ma su tutte spicca il 'giallo' delle risorse per i contratti degli statali. A scatenare la polemica, quello che è sembrato essere un taglio di 400 milioni dei fondi accantonati per i rinnovi dei contratti pubblici per il triennio 2009-2011: il governo ha negato qualsiasi volontà di questo tipo, assicurando che i soldi 'dirottati' sono altri e che le risorse per i contratti non vengono intaccate, ma i sindacati sono in allarme e promettono un 'settembre caldo' e hanno minacciato lo sciopero. Il testo che conta è il Dpef con l'inflazione programmata all'1,7% per quest'anno e all'1,5% nel 2009, "toccherà poi alla legge finanziaria quantificare e finalizzare le risorse necessarie, insomma definire la cifra che equivale a quegli obiettivi di inflazione", ha detto il ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta, che ha  ribadito anche non ci saranno tagli ai 'premi' ma che fondi equivalenti o di più, provenienti dai risparmi sulle consulenze, saranno destinati ad una nuova contrattazione di secondo livello che deve premiare il merito. Brunetta ha anche annunciato di aver dato indicazioni all'Aran di avviare il dibatti su un nuovo modello di contratto "tendenzialmente unificato con quello del lavoro privato, pur con alcune specificità proprie del pubblico".

Dopo il voto scontato di oggi alla Camera intanto, la palla passerà al Senato, con un rush finale la cui tempistica, schiacciata dal 'generale agosto', ha subito innescato le polemiche di un'opposizione che, rassegnata alla fiducia, non intende lasciar scorrere il testo senza il tempo di poterlo esaminare e correggere attraverso un 'fuoco di fila' di interventi sull'assenza di provvedimenti che tutelino il potere d'acquisto di pensionati e lavoratori dipendenti.   Per evitare un voto agostano, del resto, i tempi sono strettissimi. E potrebbero addirittura non esserci. Lunedì alle 17.00 verrà votata la fiducia a Montecitorio e, a seguire, la riunione dei capigruppo lavorerà al calendario dei giorni successivi. Martedì, su richiesta delle opposizioni, dovrebbero essere discussi gli ordini del giorno ed è quindi prevedibile che il maxi-emendamento arrivi in Senato solo nella giornata di mercoledì o in quella di giovedì. A meno che le opposizioni non intendano ritardare l'arrivo del testo a Palazzo Madama.

Proprio in Senato poi, se Governo e maggioranza dovessero puntare dritto ad una chiusura prima di agosto, i tempi per un esame da parte della Commissione bilancio diventano incerti. Questo - come spiega l'ex presidente della Commissione Enrico Morando (Pd) - per l'opposizionesarebbe un fatto gravissimo. "Contrariamente ad altre occasioni simili - afferma infatti Morando - questa volta c'é il rischio reale che non si abbia il tempo di vedere il testo in Commissione. Sarebbe la prima volta nella storia delle manovre finanziarie che uno dei due rami del Parlamento non tocca il testo in nessun aspetto. Non è mai accaduto". Condannate inesorabilmente dai numeri dell'Aula le opposizioni chiedono dunque che, se fiducia deve essere posta, almeno la Commissione abbia la possibilità di esaminare ed eventualmente modificare il testo. Per consentirlo i tempi slitterebbero di almeno una settimana, sforando così inevitabilmente il limite di agosto con una terza lettura a Montecitorio.
 
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